Il Papa ai giovani: “Non chiudetevi in voi stessi. Prendete esempio da Carlo Acutis”. Presenti i giovani dell’Alpha Youth Camp che si sta svolgendo a Macchia d’Isernia
Il Papa ai giovani: “Non chiudetevi in voi stessi. Prendete esempio da Carlo Acutis”. Presenti i giovani dell’Alpha Youth Camp che si sta svolgendo a Macchia d’Isernia
Il messaggio di Papa Francesco stamani ai giovani partecipanti all'Alpha Youth Camp che si sta svolgendo in questi giorni a Macchia d'Isernia
“Dire no all’egoismo, dire no all’egocentrismo, dire no all’apparire più di quello che siamo. No. Essere sé stessi, non gonfiarsi, nemmeno abbattersi, riconoscersi per quello che si è, questa è la vera umiltà”. E’ quanto ha detto Papa Francesco stamani ai giovani partecipanti all’Alpha Youth Camp che si sta svolgendo in questi giorni a Macchia d'Isernia, in Molise, invitandoli a non chiudersi in loro stessi, prendersi le proprie responsabilità sulle orme del Beato Carlo Acutis, “l’influencer di Dio“.
Sono 400 i ragazzi che partecipano all’Alpha Youth Camp 2022, letteralmente invadendo il piccolo borgo di Macchia d’Isernia della provincia di Isernia. La marea di giovani – che resteranno in paese fino a domenica – è stata accolta dalla comunità paesana e dall’amministrazione con un caloroso benvenuto.
Il campus è organizzato dalla Diocesi di Isernia-Venafro e dall’Alpha Youth Italia. “Un modo – dicono gli organizzatori – per creare amicizie, ispirare, creare, sognare in grande. Al camp i partecipanti hanno l’occasione di incontrare i leader che stanno facendo la differenza tra le nuove generazioni. Una settimana di incontri per giovani da tutta Italia ed Europa. Speaker dall’Italia e internazionali, musica, giochi, esperienze di evangelizzazione su strada, laboratori e tanto divertimento, lodando Gesù”.
Il discorso del Santo Padre ai giovani
Cari ragazzi e ragazze, buongiorno e benvenuti! Ringrazio Mons. Camillo Cibotti, Vescovo di Isernia-Venafro, perché vi ha accompagnati, insieme a diversi sacerdoti, educatori e dirigenti di Alpha, e al Sindaco di Macchia d’Isernia, sede del vostro Campo.
“Accompagnare” è una parola-chiave per la Chiesa! Per un giorno avete lasciato le colline del Molise per venire a Roma a incontrare il Papa. Vi ringrazio di questo! Lo sento come un regalo per me e per la Chiesa.
Siete giovani italiani e di altri Paesi europei. Siete nati in un contesto che si definisce “secolarizzato”, cioè dove la cultura non è dominata dalla dimensione del sacro, ma dalle realtà del mondo. Tuttavia, nel cuore umano non viene mai meno la sete di infinito, anche dentro di voi, cresciuti con l’informatica, emergono le grandi domande di ogni tempo: da dove veniamo? Che cosa c’è all’origine di tutto? Che senso ha la mia esistenza? E poi, perché c’è tanta sofferenza? Perché colpisce anche i piccoli e gli indifesi?…
Dio ama molto le domande; in un certo senso, le ama più delle risposte. Infatti Gesù, ai primi due che lo seguirono un giorno, sulle rive del fiume Giordano, si rivolse con queste parole: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Prima di dare risposte, Gesù insegna a farsi una domanda essenziale: “Che cosa cerco?”. Se uno si fa questa domanda, è giovane, anche se ha ottant’anni. E se non se la fa, è vecchio, anche se ne ha venti. Siete d’accordo?
La settimana scorsa sono stato in Canada, e ho incontrato le popolazioni indigene, i cui antenati abitavano quelle terre prima della colonizzazione. Loro sono custodi di valori e tradizioni ancestrali, ma vivono in un Paese molto moderno, molto secolarizzato. Adesso, guardando voi, pensavo ai giovani di quei popoli indigeni. Così diversi da voi, eppure così simili, anzi direi di più: così uguali.
Uguali nel senso dell’umanità, di ciò che qualifica il nostro essere umani, cioè la relazione con Dio, con gli altri, con il creato e con sé stessi nella libertà, nella gratuità, nel dono di sé. Questa relazione esprime una “incompiutezza”, un desiderio di pienezza, pienezza di vita, di gioia, di significato.
Ecco, Gesù Cristo è questa pienezza. Per questo, qualche anno fa, ho scritto una lunga lettera ai giovani del mondo iniziandola così: «Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. […] Lui vive e ti vuole vivo! Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza» (Esort. ap. Christus vivit, 1-2). Questo valeva per Andrea e Giovanni, per Simone e Giacomo, che diventarono discepoli e apostoli di Gesù.
Questo vale per me, che ho sentito la chiamata un certo giorno quando avevo diciassette anni. E questo vale per te, per te, per te, ragazzi e ragazze dell’epoca di internet. Gesù rimane sempre il principio e il fine, l’alfa e l’omega. Il vostro campo di chiama “Alpha”, come il metodo di evangelizzazione a cui si ispira. Alpha è sinonimo di nascita, di inizio, di un’alba di vita… Cristo è “alfa”, cioè principio, ed è anche “omega”, cioè fine, compimento, pienezza. Così, con Cristo, questo microcosmo che è l’essere umano può essere salvato dalla voragine della morte e del negativo e può entrare nell’attrazione di Dio, della vita, dell’amore. Unito a Gesù, ognuno di noi diventa un seme destinato a germogliare, a crescere e portare frutto.
Ma bisogna seguire Lui!Dire no all’egoismo, all’egocentrismo, all’apparire più di quello che siamo. No. Essere sé stessi, non gonfiarsi, nemmeno abbattersi, riconoscersi per quello che si è, questa è la vera umiltà. E di fronte al male che c’è in noi e intorno a noi, non scappare, non evadere dalla realtà, non chiudersi in sé stessi, ma prendere ciascuno la propria parte di responsabilità – Gesù dice “la propria croce” – e portarla, con amore, con gioia. Non da soli, no, non è possibile: sempre con Gesù, Lui davanti e noi dietro.