Ambiente

Non aprite che all'oscuro, a Venafro la mostra fotografica di Flavio Brunetti

Pubblicato: 16-05-2018 - 341
Non aprite che all'oscuro, a Venafro la mostra fotografica di Flavio Brunetti Ambiente

Non aprite che all'oscuro, a Venafro la mostra fotografica di Flavio Brunetti

Pubblicato: 16-05-2018 - 341


Ultimi giorni di apertura della straordinaria mostra fotografica di Flavio Brunetti all'interno della Palazzina Liberty di Venafro intitolata "Non aprite che all'oscuro, la vita, i sogni, la morte nel mistero della fotografia".

Novanta immagini salvate dall’oblio, selezionate tra millecinquecento lastre fotografiche, restaurate e raccontate da Flavio Brunetti, prendono vita e riassumono la storia della comunità di Casacalenda (CB) tra il XIX e il XX secolo. Una mostra che non sarà statica ma arderà di percorsi multisensoriali.

“Prima di essere un titolo, “Non aprire che all’oscuro” - spiega l'autore Flavio Brunetti - è la raccomandazione incisa sul coperchio delle scatole delle antiche lastre fotografiche al bromuro d’argento. La storia ha inizio quando l’autore, in modo del tutto casuale, si imbatte in due casse, grandi come quelle utilizzate per trasportare le bottiglie di birra., ricolme di scatole di lastre fotografiche e gettate tra le cianfrusaglie di due trovarobe. BRUNETTI_MOSTRA-VENAFRO_2018-2

Fu amore a prima vista e immediata contrattazione dettata dall’istinto più che dalla ragione. L’ansia di scoprire l’esatta provenienza, il tempo, chi fosse stato il fotografo, culminano nelle fattezze e nell’umanità della società di una paese molisano (ma un paese varrebbe l’altro) nell’arco di tempo compreso tra la fine dell’800 e il 1933. Tutte le lastre, e questa è la fortuna, furono scattate dallo stesso fotografo, Mastrosanti, e da lui tutto il paese si recava ad immortalare la nascita, la crescita, la morte, la partenza per il fronte, il matrimonio, la ricerca del marito, la famiglia, etc. Su quei vetri diventa materia la nostra comunità di un secolo fa che rivive e ancora respira e ancora sogna.

Quelle mille e cinquecento lastre documentano un Molise ancestrale quasi primitivo e ciascuna rappresenta una condizione esistenziale che nell’insieme si fa documentazione, storia collettiva e ‘stoffa del sogno’ delle generazioni dei nostri avi. E in quel mondo, che solo apparentemente sia passato e più non esista, la fotografia assume un potere divino, magico, sacrale, quello di ridare la vita, in una sorta di metempsicosi, alla bellezza e alla grazia.”

La mostra, inaugurata il 5 maggio, chiuderà venerdì 18 maggio.

 




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