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Paci Isernia, il 18 ottobre l’incontro all’Auditorium sull’architettura disegnata.

Pubblicato: 16-10-2019 - 409
Paci Isernia, il 18 ottobre l’incontro all’Auditorium sull’architettura disegnata. Sociale

Paci Isernia, il 18 ottobre l’incontro all’Auditorium sull’architettura disegnata.

Pubblicato: 16-10-2019 - 409


VISIONE URBANE - Quando si disegna l'architettura (?)


Incontro e riflessioni sull’architettura disegnata

con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Isernia

 18 ottobre 2019 - dalle ore 14.00 alle ore 19.30 - Auditorium Unità d’Italia - Isernia

 

  1. Perché l’architettura disegnata? Da cosa nasce il bisogno di raccontare il progetto prima o dopo il progetto stesso?

  2. La prima esigenza dell’uomo è il “riparo” ed egli ha sempre e da subito ridisegnato i sui luoghi, rappresentandoseli come qualcosa di altro, come se la semplice “abitabilità” non fosse sufficiente. Perché questa esigenza quasi ancestrale?

  3. Il disegno dell’architettura può essere considerato il pensiero dell’architettura?


 

Questi, alcuni degli spunti, che animeranno l’incontro del 18 ottobre prossimo all’Auditorium di Isernia in occasione dell’incontro “Quando si disegna l’architettura (?)” organizzato nell’ambito del PACI 2019 con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Isernia.

I relatori del tavolo, tutti autorevoli rappresentanti dell’Architettura Disegnata in Italia ma non solo, sono gli architetti: Carmelo Baglivo, Carlo Prati, Renato Partenope, Franco Purini e Beniamino Servino. Modera l’incontro l’architetto e direttore artistico Antonio Pallotta, interviene l’architetto Massimo Sterpetti, presidente dell’Ordine Architetti di Isernia, per i saluti di benvenuto.

Un momento, quindi, di grande confronto e di cultura di progetto, su un tema che sembra aver ritrovato il giusto fermento anche in campo nazionale, e il cui contributo può arrivare anche dai centri minori della provincia.

Prima della conferenza, inoltre, l’associazione organizzatrice SM’ART - l’arte sm!, l’ordine degli Architetti di Isernia e la Città di Isernia stessa, conferiranno un riconoscimento alla carriera al Prof. Franco Purini, per l’alto contributo dato all’Architettura. Il premio alla carriera sarà consegnato dall’assessore regionale Roberto Di Baggio.

In attesa del dibattito, Antonio Pallotta, Direttore Artistico del PACI 2019 propone alcune riflessioni interessanti:

Io sono convinto che ci sia un “luogo” in ognuno di noi e il PACI di quest’anno è il tentativo certamente non esaustivo di come l’esperienza dello spazio spirituale sia esplorabile attraverso il disegno, inteso nel senso largo del termine, inteso cioè come strumento di controllo e di “pianificazione” di uno spazio determinato, interiore e esteriore. E di come sia anche possibile attraverso il processo artistico, poetico, evocativo, immaginare uno spazio architettonico che non sia necessariamente strutturato attraverso la normale sintassi dell’architettura, cioè attraverso piante, prospetti, sezioni, viste assonometriche ecc.

Magari un luogo distopico popolato da cyborg, umanoidi, robot, oppure ameno come un paesaggio della campagna rurale o del mondo sottomarino, oppure ancora quello apocalittico di un asteroide che distrugge il pianeta.

Tutte queste “visioni” che disegnano “scenari” abitabili o non più abitabili, rientrano nel discorso dell’architettura disegnata, progettata, simulata, sperata, inevitabile, da sconfessare.

Penso che nel sostrato di ogni nostro pensiero ci sia un desiderio di abitabilità. Ogni opera d’arte è anche un topos se vogliamo. Di solito per capire un’opera d’arte provo ad immaginarmi di “essere lì”, dentro l’opera, sforzandomi di prefigurarne il luogo che quell’immagine vuole suggerire.

Secondo me infatti, un disegno tecnico senza pensiero non è un disegno di architettura.
Può invece esserlo un “disegno” che si manifesti come una cosa in apparenza lontana dall’architettura ma che in realtà si basa su ragionamenti familiari all’architettura.

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Quindi, in quel caso credo, che subentrino dei processi poetici, se vogliamo artistici, cioè di natura intuitiva.

Penso all’architettura radicale, degli Archigramm, di Superstudio, di Archizoom, o ad esperienze più recenti come quelle raccontate nei “non-testi” di libri come FARMAX di MVRDV o MUTATION di Koolhaas, oppure ancora all’impostazione del Berlage Institute, in cui l’architettura è rappresentata attraverso un disegno poetico, evocativo, fatto di assenze, di potenzialità, molto di meno un disegno tecnico.
Io credo che si debba prendere in considerazione l’ipotesi di come certi processi “artistici” mutuati più o meno consapevolmente dall’esperienza dell’abitare lo spazio reale, possano condizionare il disegno dell’architettura e non tanto il contrario.

L’architettura promuove certamente la riqualificazione del territorio. Ma in che modo si esprime la sua funzione in quei territori che sfuggono al controllo del progetto, ma in generale a qualsiasi forma di controllo? Penso per esempio all’esperienza romana del MAAM, in cui un processo di graduale e semispontanea “colonizzazione artistica” ha trasformato un relitto industriale in un contenitore architettonico. In quel caso, un processo artistico ha promosso una riqualificazione di un territorio anche senza disegno o progetto. Potrebbe essere forse, il suggerimento a pensare lo spazio, “oltre l’architettura”, o meglio di un’arte inseparabile dalla nozione di topos.

Nei taccuini di qualche tempo fa scrivevo del bisogno di ristabilire una sorta di ricentramento dell’orizzonte poetico. Quello che conta nella poesia non è quanto la prosa riesce a tradurre ma quanto dell’intenzione resta incompreso o taciuto (la vivibilità di una architettura esula da questioni legate alla sua comprensione). Ciò che rende possibile l’interpretazione della metafora deve fungere da sostegno logico rendendo possibile una condizione di diffusa sostenibilità. In questo modo la parte debole assume il primato sulla r-esistenza della semplice presenza. Debole è tutto ciò che resta confinato nella dimensione del possibile, del potenziale, per questo la sua forza è esponenzialmente più grande di ciò che è già davanti alla nostra percezione.

 




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