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Isernia: presso lo spazio d’arte Petrecca l’inaugurazione della personale dell’architetto Roberto Franchitti.

Pubblicato: 18-12-2019 - 510
Isernia: presso lo spazio d’arte Petrecca l’inaugurazione della personale dell’architetto Roberto Franchitti. Sociale

Isernia: presso lo spazio d’arte Petrecca l’inaugurazione della personale dell’architetto Roberto Franchitti.

Pubblicato: 18-12-2019 - 510


CONCEPT

L’arte concettuale, una tendenza artistica contemporanea della fine degli anni Sessanta del Novecento, che concepisce l’operare artistico come investigazione intellettuale sull’essenza dell’arte. Parliamo di una forma d’arte in cui qualsiasi espressione di carattere emozionale, letterario e metaforico è completamente eliminata. E’ un contesto in cui si rifiuta l’oggetto e gli artisti si esprimono attraverso pubblicazioni di materiali, scritti fotografici o attraverso il contemporaneo uso di diversi tipi di mediali.

In questo scenario sono molti gli architetti e i maestri che ci “insegnano” la bellezza del dettaglio, i quali raffinatamente sofisticati nella loro ricerca, giungono ad un’unità complessa dell’opera d’arte.

Uno di questi artisti che possiamo definire contemporaneo ma allo stesso tempo ancorato alle sue radici è l’architetto Roberto Franchitti. In questa esposizione ‘Franchitti, L’altro’ le sue opere sono un vero e proprio design concettuale, dando vita a nobili astrazioni. Pezzi di legno, ferro, matrici, accumuli di forme possibili che, da oggetti diventano un progetto fatto di tattilità e bellezza irrinunciabile.

Le sue sono delle sculture sublimi ed eleganti che progettano altre opere: una simbiosi di significanze, un’amplificazione narrativa del nucleo iniziale. L’osservatore viene coinvolto in un percorso virtuale, in una realtà specifica che allarga i suoi confini ai limiti avanzati della tradizione. L’impronta trascende l’ambiente, la materia scavata di segni criptici imprime di sé altra materia.

Le sculture in questa esposizione mirano a cogliere le forme in crescita con un’espansione dinamica. Campi rotanti che diventano “macchine organiche”, matrici che generano impronte e svelano tracce di memorie intime e collettive. In questa condizione la materia – corpo si impregna di sofferenza e si trasforma in presenza ansiosa, tormentata e, soprattutto, memoria organica che rivela la tragica e triste condizione dell’uomo contemporaneo. Siamo difronte a delle composizioni di volumi che trovano nelle più disparate tecniche, forme e parole, nei cromatismi e nei diversi materiali, gli elementi che reagiscono in un totale equilibrio dinamico.

Il titolo della mostra ha una doppia valenza simbolica, e, come afferma l’artista stesso: ”L’altro”, è quel Franchitti che si rivela al termine di un percorso tracciato all’insegna della creatività”. Ma tra le due personalità c’è un filo continuo; la scoperta della differenza tra abitare e ripararsi e quella tra esistere ed essere. È un filo sottile che unisce e stringe indissolubilmente l’interpretazione di una vita i cui valori spingono l’uomo a non subire gli avvenimenti ma a plasmarli affinché la traccia dell’esistenza non scompaia con il corpo ma sopravviva con lo spirito.

I suoi rapporti con il passato, presente e futuro sono molto forti: il passato che deriva dalle tradizioni ci rappresenta, il presente, che ci relaziona agli altri, rivela chi siamo, il futuro ci fa capire cosa lasciamo di prezioso. In definitiva l’altro Franchitti è un passaggio dalla ricerca di benessere verso lo stato intimistico in cui il soggetto dell’“Io sono” è rappresentato dall’uomo, dalle tradizioni, dagli oggetti, dalle immagini, dalle ideologie, dai suoni, dagli odori che vivono dentro di noi.

Il bisogno essenziale che ha Franchitti è quello di dar voce alla materia affinché diventi ossessiva metafora esistenziale. Da questo bisogno nascono gli ultimi lavori dove la presenza – assenza diventa essenza del corpo, così la forma crea delle maschere teatrali di assoluta bellezza e classicità, paesaggi antropomorfi, che giungono alla ricerca del particolare e del proprio inconscio. L’obiettivo verso cui l’altro Franchitti si protende è quello di lasciarsi prendere dal canto del coinvolgimento e, nel sentire, accarezzare, osservare, ricercare per ritrovare quell’equilibrio interiore con l’opera osservata.

Carmen D’ Antonino
Storico dell’ Arte



Franchitti l’Altro

Uno degli elementi caratterizzanti dell’uomo rispetto alla specie animale è la percezione del finito o meglio della morte per cui la specie umana ha sin dalle origini avvertito la necessità di operarsi per rendersi immortale, o meglio restare in vita anche dopo la morte fisica. Le scritture parietali, i fasti architettonici passando per i cimiteri monumentali non sono altro che L’espressione di tale desiderio la cui sublimazione si incarna nelle più elevate vette artistiche in ogni disciplina. Ogni uomo, ciascuno di noi, è l’interprete talvolta anche involontario di un proprio modo di “stare al mondo”, di concepire l’esistenza terrena secondo una propria filosofia più o meno assonante con il “Logos” universale.

Quello che mi ha colpito imbattendomi nell’amico Roberto Franchitti è stato proprio il suo modo di “stare al mondo”, di rapportarsi con gli altri forse anche alla ricerca di sé stesso. Ho avuto modo di visitare la sua casa nella scorsa estate incastonata nella vegetazione molisana come villa Malaparte a Capri o la prua del “MAS” al Vittoriale, una casa d’artista aperta agli amici come un crocevia di idee e di suggestioni. La sua presenza, unitamente a quella della sua gentile compagna, mi ha riportato anche nell’abbigliamento volutamente anticonformista alle atmosfere magiche della “Ville Lumiere” a cavallo tra 800 e 900 dove Franchitti è il genius loci al pari di Tolouse Lautrec.

Uomo di gusto, avvezzo all’equilibrio tra il minimalismo e l’horror vacui riempie di sé gli spazi che abita con elementi caratterizzanti le sue passioni, con l’attenzione del collezionista, l’estro dell’artista e la sintesi estetica dell’architetto. I lavori di Franchitti, nella maggior parte assemblaggi di materiali diversi per natura e destinazione hanno una marcata natura simbolica, talvolta ai limiti dell’esoterismo, sono la materializzazione di un concetto profondo in cui l’effetto finale induce l’osservatore a scoprirne il senso, l’essenza ontologica in essi percepita ma non rivelata. L’artista ci racconta di sé tramite le sue maschere, i residui della civiltà contemporanea come segni di un progresso che è stato origine e forse la fine del tutto. Gli accostamenti di elementi naturali quali legno e ferro con frammenti simbolici di assoluta modernità dialogano in un linguaggio muto rimesso all’occhio dell’osservatore. Un’arte in equilibrio tra la forma e l’ermetismo, opere che hanno una natura iperbolicamente accostabile alla archeologia post industriale. Installazioni scenografiche in cui regna il silenzio che trasmette il loro significato profondo, una sintesi concettuale che è di per sé eloquente, in esse la forza espressiva si nutre dell’inespresso, nel senso compiuto che non necessita d’altro.

La produzione artistica di Franchitti ha venature filosofiche forse inconsapevoli con richiami alla “fenomenologia dello spirito di Hegel” in quanto a ricerca dell’Assoluto così come nelle sculture lignee si ravvisano forti richiami al leziosismo del barocco ben coniugato con il movimento tipico dei futuristi.

Ed è questo l’incantesimo per cui l’arte è destinata ad autorigenerarsi, la possibilità per ciascuno di esprimere in forma il senso più profondo che lo lega all’anima del mondo.

Gennaro Petrecca

 

Biografia

Roberto FRANCHITTI. Nasce a Roma il 14 luglio 1955. Le radici molisane fanno sì che il confronto a dimensione d'uomo con la provincia rimanga una costante irrinunciabile per i rapporti e i raffronti con il territorio semplice e genuino. Studia a Roma e si laurea in architettura dedicando la quasi esclusività della sua formazione alla sperimentazione e ricerca nell'ambito creativo spinto da una innata curiosità per tutto ciò che sa di novità da verificare.

Una matita e un supporto, a volte improvvisato, sono i compagni di strada che accompagnano la vena espressiva dalla nascita. Fantasista di formazione spontanea, passa dai disegni dal vero di monumenti ai rilievi di strutture architettoniche, a caricature improvvisate in strada, a ipotetici cartoons e vignette satiriche, a modellazioni in argilla senza disdegnare l'uso manuale per l'incisione su legno e altro.

Entra nel mondo lavorativo e collabora per molti anni con lo studio di un noto architetto romano. Può in tal modo esercitare la creatività passando da progettazioni edilizie a studi urbanistici, allestimenti di scenografie televisive tanto interne quanto in esterni, disegno di mobili e suppellettili, allestimenti di mostre e espositori per l'arte. Torna nella provincia molisana per stabilirvisi come residenza di riferimento. Inizia una vita professionale del tutto autonoma. Tenendo sempre bene in vita una punta di autoironia e la voglia di non prendersi mai troppo sul serio, coltiva la vocazione per la fantasia intesa come soluzione ai preconcetti e alle cose precostituite. Riveste cariche per la pubblica amministrazione. Non da ultimo si dedica a esperienze nel campo del design realizzando mobili in legno o metallo così come gioielli e oggettistica accessoria per l'uso quotidiano. Si accompagna alla propensione, sopita e malcelata, per la creatività che riesca a mettere in discussione pregiudizi e preconcetti cercando in altro ciò che sembra scontato essere già stabilito.

Il passo verso l'arte più viscerale sembra breve quanto inevitabile. Ciò che è vissuto non è rinnegato e proprio dall'esperienza vissuta scaturisce una visione creativa di svincolo da norme e da normative; la via percorsa ne condiziona l'espressione: ciò che si è conosciuto si riscopre sotto una diversa angolazione, decentrata e capace di osservare ciò che prima era semplicemente visto.




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