Già il DPCM del 4 marzo era stato chiaro riguardo alla sospensione di congressi, riunioni e meeting per tutto il personale incaricato di servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità.
Eppure pare che non sia stato recepito da tutte le istituzioni scolastiche allo stesso modo. L’ultimo DPCM (8 marzo) non modifica le disposizioni per il comparto scuola, ad eccezione delle zone rosse.
Il governo ha optato, finora, per la sospensione delle attività, anziché per la chiusura delle scuole: questa misura ha creato non pochi problemi e suscitato polemiche riguardo alla presenza a scuola del personale ATA. Al netto dell’opportunità di questa scelta, in questi giorni sono emerse tante criticità.
Innanzi tutto, non era stato disposto il divieto di accesso al pubblico negli edifici scolastici, al pari di altri pubblici uffici, né l’obbligo di una sanificazione che precedesse il rientro del personale ATA, e di una sua ripetizione prima della ripresa delle attività didattiche.
Parliamo di oltre 200.000 lavoratori tra collaboratori scolastici, tecnici e amministrativi che, tra l’altro, non possono essere adibiti a lavori di sanificazione e sono esposti a rischi inutili.
Di fatto in questi giorni sono state convocate riunioni del personale docente, ammessi i genitori a ritirare i libri di testo, consentito l’accesso dei docenti ai laboratori e, in alcuni casi, anche agli alunni perché non tutti hanno a disposizione adeguati strumenti informatici e connessioni per la “didattica a distanza”, col paradosso che ci si reca a scuola per predisporla o usufruirne. È stato chiesto ai collaboratori scolastici di effettuare pulizie con materiali pericolosi o attrezzature per le quali non hanno ricevuto specifica formazione; in alcuni casi i collaboratori non in servizio nelle sedi di presidenza sono stati inviatati a prendersi giornate di ferie o di recupero, o a recarsi in servizio tutti nella sede di presidenza.
In questo modo non si tutela nessuno, né gli alunni né le famiglie né il personale tutto, e non si comprende l’utilità di un provvedimento preso per contenere il contagio e via via depotenziato.
Il primo dovere del datore di lavoro, in questo caso del Dirigente Scolastico, resta sempre la tutela della salute del personale, nonché l’applicazione piena di quanto disposto dalle autorità. Sarebbe stato opportuno confrontarsi immediatamente con la RSU di istituto per tutti gli interventi che riguardano il personale come riportava chiaramente già la Nota Miur del 6 marzo.
La Nota dell’8 marzo fornisce istruzioni operative ancora più chiare e ci aspettiamo l’immediata adozione da parte di tutte le scuole di quanto disposto.
Poiché ancora oggi riceviamo varie segnalazioni di comportamenti non in linea con quanto previsto, riportiamo quelle disposizioni che pare ancora suscitino dubbi interpretativi.
Sono sospese tutte le riunioni degli organi collegiali: anche quelle in remoto vanno limitate per lasciare tempo ai docenti di organizzarsi per le attività a distanza.
Il ricevimento presso le segreterie scolastiche deve essere limitato ai casi indifferibili, autorizzati dal dirigente.
Presenza a scuola dei collaboratori scolastici: il dirigente, constatata l’avvenuta pulizia dei locali, attiverà i contingenti minimi previsti nei contratti integrativi di istituto.
Questo implica, necessariamente, la turnazione dei collaboratori scolatici, ma soltanto nella sede di presidenza e in quei plessi dotati delle strumentazioni informatiche alle quali i docenti che ne abbiano necessità conservano diritto di accesso, seppure scaglionato. La turnazione va stabilita tenendo presente una serie di esclusioni e priorità tutte esplicitamente elencate nella Circolare Ministeriale.
Per quanto riguarda il lavoro agile, dopo la circolare 1/2020 del Ministero della Funzione Pubblica che “incentiva” il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, il Miur ha chiarito che può essere applicato anche per il personale amministrativo scolastico che ne faccia richiesta. Sappiamo che la normativa in merito è recente e nella scuola non è mai stata sperimentata e monitorata, ma adesso si auspica che chiunque sia in condizione di lavorare da casa perché dotato di strumenti e connessioni adeguate, ne faccia richiesta e che la richiesta venga accolta dal Dirigente scolastico.
Per tutti i problemi di natura contrattuale, legati all’applicazione della misure previste, è evidente che saranno affrontati e risolti con successive disposizioni e che al momento diventano secondari di fronte alla necessità di tutelare la salute di tutti.
Riguardo alla didattica a distanza, infine, nonostante i problemi siano tanti, ci sono la volontà la capacità e la determinazione di superarli, ma andrebbero affrontati con maggiore giudizio e sobrietà.
Assistiamo, invece, ad una gara per mostrare il dinamismo e l’efficienza del proprio istituto in perfetto stile aziendale, certamente derivante da un’”autonomia” che ha obbligato gli istituti ad accaparrarsi alunni e fondi, ma che in questo momento ci appare fuori luogo.
Il nostro sistema di istruzione è dotato di norme e strumenti per la didattica a distanza: classi virtuali, piattaforme di fruizione e condivisione di contenuti didattici, registro elettronico, ma le dotazioni e le competenze sono squilibrate tra istituti tecnici, licei e istituti comprensivi e alcune modalità presentano criticità anche dal punto di vista della privacy.
Bisogna tener conto dell’età e soprattutto accertarsi che TUTTI gli alunni siano in condizione di partecipare o metterli in condizione di farlo; evitare di ridurre, come in alcuni casi sta accadendo, la didattica a distanza alla mera trasmissione di file da stampare, come chiarito dall’ultima Nota Miur.
Sarebbe quindi meglio partire con qualche giorno di ritardo ma dopo attenta valutazione di quali siano gli strumenti più adeguati a garantire un uso semplice, effettivo ed efficace per tutti i docenti e per tutti gli studenti, che non rincorrere primati con soluzioni affrettate che poi si rivelano inapplicabili. Non scambiamo lo strumento con l’obiettivo da perseguire.