Mentre la fase 2, pur fra mille contraddizioni, sembra avviarsi, l'attenzione alla disabilità latita. Il Centro sociale “Il Melograno” ben consapevole del profondo disagio causato ai suoi giovani utenti e alle loro famiglie dal protrarsi del lockdown - nonostante l’impegno profuso per realizzare le attività in smart-working -, all'indomani dell'emanazione del DPCM del 26 aprile, ha messo in atto ogni possibile strumento idoneo a consentire di riaccogliere i suoi ragazzi in sede.
Il poter disporre di spazi e di strutture dalle dimensioni considerevolmente superiori a quelle richieste dalle misure di distanziamento, assicurando la possibilità di garantire la salute di utenti ed operatori, ha permesso di adottare il protocollo anticontagio e di acquisire - sia pure con grave disagio economico - dotazione di materiali e strumenti conseguenti. Alla possibilità di riprendere anche immediatamente le attività, si frappone, però, la mancanza dei ‘piani territoriali adottati dalle Regioni’ che, "attraverso eventuali specifici protocolli, assicurino il rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute", come previsto dall’art. 8 del citato DPCM.
Contando sulla consapevolezza - che al Decisore Politico non può mancare - del grave danno anche psicologico che l'assenza di disposizioni può causare ad una categoria di cittadini tra le più fragili, l'Associazione ha sottoposto per iscritto il problema al Presidente della Giunta Regionale, sperando di essere messa rapidamente in grado di riprendere appieno le attività: "dar voce a chi non ha voce", ovvero la tutela dei diritti dei cittadini che fanno più fatica, è compito fondamentale delle Associazioni di Volontariato che operano al loro fianco.