Romagnuolo: ho rinunciato a fare il Sottosegretario per la libertà di dire no.
In queste ore si susseguono ipotesi, illazioni, interpretazioni che provano a dare un significato alla mia rinuncia all’incarico di Sottosegretario, ruolo che mi avrebbe garantito l'autista, l"auto, uffici, una folta segreteria e diverse deleghe. E invece a volte la spiegazione è quella più semplice, la più ovvia, la più ragionevole. Dire sì è semplice, facile e spesso vantaggioso. Il no impegna, chiede quasi sempre giustificazione, presuppone basi solide, trova sempre muri di congetture. Ma ti regala la libertà. Ed è quella che ho scelto io. La libertà di dire no adesso per poter dire anche no se sarà necessario in futuro per il bene del Molise. Il cammino fin ora condotto dalla maggioranza presente nel Governo Regionale necessita di liberarsi da comportamenti a volte farisaici che non rendono giustizia alle attese di un territorio provato da troppo tempo e bisognoso di vera attenzione. Ho sempre cercato di fare squadra facendo tanti passi indietro per garantire stabilità utili per poter lavorare ad un “laboratorio Molise” che può e deve essere il volano di una ripartenza necessaria, il ponte tra un nord e un sud troppo distanti, lo spazio dove le nuove generazioni possono e devono trovare spazio per poter costruire il loro futuro disponendo di ogni mezzo necessario.
Si le ragioni di un no trovano mille delatori ma non importa, perché questo è il no di chi vuole camminare a fianco di tutti per un welfare davvero possibile e che può ancora compiersi solo se avremo, tutti, il coraggio di dire no. O di dire“sì”, se sarà necessario, anche a proposte che verranno da parti opposte a questa maggioranza. Perché la costruzione di una Regione virtuosa non si può improvvisare. O comunque non più. Resto a disposizione del popolo molisano con il mio “no “ e con il mio “si” per essere obiettiva voce di una crescita possibile e punto di riferimento nell’assise regionale dove la libertà di scelta non potrà che essere il perno di una auspicabile, vera, democrazia partecipata perché, come diceva il Mahátma Gàndhì, “se
la vita nazionale diventa così perfetta da governarsi da sé, non occorre più nessuna rappresentanza. Si ha allora una condizione di illuminata anarchia. In tal caso ciascuno è governante di sé stesso e si governa in modo da non molestare mai il vicino. Perciò, nello Stato ideale non vi è potere politico, perché non vi è Stato.“