Domenica 11 settembre, andrà in scena, nell’ambito della Festa dell’uva di Riccia, a il Reverendo Podolico con la sua selezione musicale.
Metti qualche ora passata a riscoprirsi, non può fare male. Basterà spegnere il telefono, non guardare più l’orologio e lasciarsi andare, all’ascolto, alla visione, alla memoria.
Quella del Reverendo Podolico è un’operazione complessa nel senso che non è uno un semplice dj set no, è proprio un’operazione complessa, al cervello e al cuore, con tanto di anestesia.
Saranno i suoni ipnotici, che riecheggiano impetuosi dalle valli del Gargano e vi penetrano, seguendo le curve dei padiglioni auricolari, o forse saranno i soliti troppi calici di vino, resta che l’esperienza è indimenticabile, anzi irripetibile perché quello shock vi segnerà per sempre.
Chi siete? Da dove venite? Dove andate? Sono i quesiti che, pur non sentendo, rimbomberanno nella vostra testa.
Sarà la vista del mantello di pelle di capra, il ritmo incalzante dei subwoofer, i richiami, gutturali pastorali, quelli più antichi di Gesù Cristo e Maometto.
“Un inebriante, geniale ritorno al futuro, una commistione quasi perfetta di musica, parola, dannata e folle energia. Un affascinante viaggio mistico che parte dal Gargano, dalle sue strade sterrate, dai suoi campanacci, dai muggiti delle vacche podoliche, dai belati delle capre, dal movimento energico, dalla passione e dal forte senso di appartenenza alla terra d’origine dei suoi pastori”.
Un movimento viscerale che riprende quello convulso e strampalatamente ordinato delle mandrie, che rievoca la polvere che esse sollevano, lasciando il segno, che fa sentire la sua eco anche da lontano, proprio come i campanacci attaccati al collo di quei podolici quadrupedi che di notte scendono a valle dalle brulle, tonde, verdi montagne garganiche.
Il progetto nasce nel 2011 dall’incontro di esperienze musicali ed artistiche differenti ma unite da tre comuni denominatori: il genio dei sapienti custodi della tradizione, la follia di un “pastore di mandrie musicali”, come ama definirsi, altrettanto sapiente custode di “antiche tradizioni moderne”, il viaggio e la transumanza musicale, guidata da Luciano Castelluccia, di tamburelli, tammorre, castagnole, che come vacche al pascolo vanno a dissetarsi presso l’abbeveratoio di consolle e sampler, computer e mixer.
Un racconto, quello del Reverendo, che abbraccia l’arte nelle sue tante forme, che parte dal “tratturo” di una terra maledettamente bella e complicata, attraverso i suoi odori, i suoi colori, i suoi rumori, per giungere direttamente all’anima, con gli stessi odori, colori, rumori. Un percorso etnico, musicale e sorprendente, mai scontato, fatto di colorate istantanee, senza un inizio ed una fine definiti, un continuo sconvolgente movimento che mai lascia spazio al caso!