Riforma del Catasto, interviene il sottosegretario Di Baggio. " Una presa in giro per gli italiani. Il catasto diventi probatorio".
Inserita nella riforma del Sistema Finanziario, la proposta di riforma del sistema catastale che in questi giorni sta destando l’attenzione degli addetti ai lavori e non solo, è da bocciare sonoramente. In primo luogo, già il fatto che sia inserita in una manovra di riforma fiscale, fa pensare che l’unico vero scopo, neanche troppo celato, è quello di intervenire esclusivamente sul sistema tributario, con un incremento della base di tassazione dei fabbricati e con nuovi sistemi di classificazione. Procedendo con ordine ad un’analisi dell’art.6, unico articolo di una maxi proposta di Legge con cui il Governo pretende di riordinare un sistema catastale che risale agli anni 40 (!), è evidente come manchi quello che dovrebbe essere il vero spirito della riforma: dare al Catasto un valore probatorio, ovvero che incida effettivamente sul trasferimento della proprietà immobiliare e non si limiti ad un mero automatico sistema di valutazione e quindi tassazione del patrimonio dei cittadini.
Questa sarebbe la vera riforma: consentendo anche ai tecnici professionisti di essere parte attiva del sistema di aggiornamento della proprietà, con il superamento della logica di un catasto inteso come un mero organismo di censimento, quale oggi effettivamente risulta essere e come nella bozza di riforma rimane.
Nello specifico, quindi, la riforma si occupa soltanto degli aspetti fiscali della questione,
prevedendo un nuovo sistema di calcolo fiscale, basato sul “valore patrimoniale” degli immobili, con abbandono del metodo della rendita in base ai vani catastali; ciò comporterà, seppur non nell’immediato, un inevitabile incremento della base di tassazione, a discapito naturalmente dei cittadini proprietari di immobili che saranno costretti ad ulteriori esborsi presso privati per stilare perizie atte a determinare il valore dell’immobile.
Fantasiosa l’ipotesi che possano farlo i Comuni, che già sono al collasso per la carenza di organico ormai cronica. Valore patrimoniale dell’immobile che, tra l’altro, è volatile, vulnerabile e legato a logiche di mercato e quindi suscettibile di continue variazioni.
Inoltre, è previsto un abbattimento soltanto per i fabbricati di notevole interesse storico e artistico, dimenticando invece di includere i fabbricati che ricadono nei centri storici e quelli rurali, ancorché di medio valore, anch’essi degni di tutela e notoriamente più disagevoli di fabbricati moderni lnell’ottenere permessi per adeguamenti e/o migliorie.
La vera riforma sarebbe quindi, a mio avviso, introdurre elementi importanti di sburocratizzazione, con un nuovo ruolo del Catasto, spostando l’attenzione dagli aspetti meramente di tassazione per attribuirgli un valore probatorio, con abbandono di pratiche arcaiche che vigono soltanto in Italia, a
vantaggio di pochi soggetti economicamente forti e liberalizzando tutta la materia del sistema immobiliare ovvero permettendo il trasferimento della proprietà con pratiche redatte online dai tecnici.
Infine, non di poco conto, la vera riforma non deve fermarsi al disegno normativo lanciato come slogan di modernità ed efficienza, se non adeguatamente accompagnato da interventi paralleli sull’organico dei Comuni e delle Agenzie delle Entrate, da importanti investimenti sugli apparati informatici in possesso di questi Enti (spesso obsoleti e poco adatti a sostenere piattaforme
integrate), a corsi di aggiornamento e riqualificazione del personale.
Altrettanto, vanno investite somme in favore degli Ordini Professionali per consentire ai tecnici di applicare a pieno regime la riforma e non subirla come l’ennesimo cappio burocratico che immobilizza ogni iniziativa sia economica che professionale.
Infine, va prevista la gratuità dei servizi resi ai cittadini e la possibilità di accedere autonomamente ai servizi, in quanto trattasi di un archivio costituito da beni di proprietà degli stessi, i quali, per poter visionare e ottenere dati di immobili di cui sono proprietari e su cui pagano tasse in maniera notevole, sono costretti anche ad ulteriori spese.
In sintesi, ben vengano le riforme, ma se ben studiate, che non siano semplici slogan che propinano modernità ma nei fatti non incidono fattivamente sugli apparati della pubblica amministrazione. Le riforme vanno condivise con gli operatori e soprattutto possono definirsi tali se contengono meri aggiornamenti fiscali che, inevitabilmente, vanno ad alleggerire sempre più le tasche dei cittadini,
ormai vessati da un sistema fiscale iniquo e non più sostenibile.
Invito gli organi di Governo a coinvolgere le categorie professionali al fine di segnalare proporre le opportune modifiche e integrazioni al disegno di legge in itinere, in modo da rendere la misura una vera e propria riforma di un sistema obsoleto e superato.