Il “Giorno del Ricordo” fu celebrato per la prima volta nel 2005, dopo che nel marzo dell’anno precedente il Parlamento italiano aveva approvato un’apposita legge, con l’obiettivo di conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani, giuliani e dalmati nel secondo dopoguerra.
Alla durissima occupazione nazi-fascista di quelle terre, dove un tempo convivevano popoli e culture diverse, seguì la violenza del comunismo titino, che scatenò su italiani inermi la rappresaglia, in un periodo compreso fra il 1943 e il 1945.
Quegli accadimenti costituirono una vicenda angosciosa vissuta nelle zone del confine orientale italo-slavo, una tragedia provocata da una esiziale volontà di epurazione su base etnica e sciovinistica, il frutto drammatico della ideologia nazionalistica che ha caratterizzato molti decenni del Novecento, che è stato – non dimentichiamolo – il secolo delle due guerre mondiali.
Un destino comune ha legato molti popoli dell’Est Europeo: quello di essere passati, pressoché direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista, e di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione ed eliminazione dei dissidenti.
Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, fiumani, dalmati e istriani non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte della nostra storia e ne rappresentano un capitolo incancellabile, sono una ferita ancora aperta che ci ammonisce sui gravissimi rischi dell’avversione ideologica preconcetta e dell’odio etnico.
Le foibe, con il loro carico di morte, di crudeltà e di violenza, restano il simbolo doloroso di un capitolo di avvenimenti ancora non completamente conosciuti, talvolta addirittura incompresi, e che raccontano momenti di profonda ostilità e brutalità, di sofferenza e di lutto.
Quei drammatici accadimenti devono essere sempre presenti nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni, che vanno educate a non dimenticare, affinché le tragedie del passato non si ripetano in futuro. In tal senso, la vera insidia è l’indifferenza, il disinteresse, la noncuranza; una insidia che si nutre spesso della mancata conoscenza dei tristi eventi che ci insegnano come la discriminazione e la vendetta, a qualunque titolo esercitati, producono solo odio e violenza.
Reiterare la memoria delle foibe e contribuire ad una loro lettura storica corretta e condivisa è il principio per una autentica riconciliazione che allontani per sempre ogni ipotesi di discriminazione criminale, è la base per ritrovarci, insieme, sotto la bandiera della libertà, una libertà che restituisca ad ogni individuo il diritto di essere diverso, per nascita o per scelta.